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Sviluppo tecnologico e innovazione

La legge di Moore, una teoria che si auto-avvera

22 Maggio 2023
Federico Cella, Michela Rovelli
Fonte immagine: Intel

La rivoluzione digitale, la Silicon Valley stessa, deve tanto a Gordon Moore, il co-fondatore di Intel scomparso lo scorso 24 marzo all’età di 94 anni. Lo ricorderemo per aver creato una delle più importanti multinazionali del settore, ancora oggi leader nel mercato dei microprocessori. Lo ricorderemo per la sua attività di filantropia, molto intensa anche grazie alla fondazione che ha istituito insieme alla moglie Betty per finanziare la ricerca per la conservazione dell’ambiente. Lo ricorderemo soprattutto per la legge di Moore, una teoria empirica che prende il suo nome e che nonostante sia stata scritta nel lontano 1965 ancora oggi si rivela valida.

Gordon Moore era un giovane laureato in chimica che dirigeva un innovativo laboratorio, il Fairchild Semiconductor, quando gli è stato chiesto dalla rivista Electronic Magazine di scrivere un articolo sul futuro dei circuiti integrati, inventati poco tempo prima, alla fine degli anni ’50. È proprio in questo articolo che profetizza: il numero di transistor nei microchip continuerà a raddoppiare ogni anno. Così è stato, fino al 1975, quando Moore ha rivista la teoria portando l’intervallo di tempo a 18/24 mesi.

La legge di Moore è importante non solo perché ha disegnato un progresso esponenziale che era ancora di là a venire. Ma perché è quasi una profezia che si auto-avvera. Nei decenni l’industria tecnologica ha fatto di tutto per continuare a rispettare la legge, portando sempre più in là i confini che si pensava fossero invalicabili. In altre parole, è stata una spinta per continuare a migliorare e migliorarsi. Fino ad oggi, quando siamo vicinissimi al limite fisico che comporterà la fine della legge di Moore. Non si possono creare transistor più piccoli della dimensione dei singoli atomi. Anche se c’è chi dice che si troverà una soluzione anche a questo, per rendere i computer ancora più potenti.

L’altro lato della medaglia si chiama obsolescenza programmata. Se ogni due anni abbiamo a disposizione dispositivi il doppio più potenti, questo non può che significare l’abbandono dei modelli precedenti. Creando una problematica ambientale oggi più che mai evidente. E comportando una crescita dei rifiuti tecnologici anch’essa esponenziale.