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Salute e benessere

Fermare lo sharenting

08 Aprile 2024
Federico Cella, Michela Rovelli
Fonte immagine: Pexels

I social sono spesso usati come la migliore vetrina sulle parti più belle della nostra vita. Un bel panorama durante un viaggio, le risate degli amici riuniti per una cena, gli immancabili animali domestici e, ovviamente, anche i figli. Instagram e Facebook sono pieni di foto condivise da orgogliosi genitori dove sono immortalati i più piccoli neonati, a volte appena nati, i bimbi più grandi che muovono i primi passi o giocano in salotti e giardini, le feste di compleanno, i primi anni dell’adolescenza. Ma, in realtà, questa è una abitudine pericolosa. Il fenomeno di postare immagini dei minori da parte da parte di mamme e papà è così diffuso da aver conquistato anche un nome, lo sharenting, che nasce dalla crasi di due parole inglesi: share (condividere) e parent (genitore). Ed è un fenomeno da tempo sotto osservazione da parte di tutte le principali autorità che si occupano di proteggere la nostra privacy online.

Sono diversi i problemi che possono nascere dallo sharenting. Prima di tutto si crea uno storico digitale – che resta, per sempre - di una persona che ancora non è in grado di decidere per sé, in quanto minore. Ma al netto delle questioni etiche, i dati più allarmanti riguardano ciò che può succedere a queste foto. Secondo un’indagine della eSafety Commission australiana, circa il 50 per cento del materiale presente su siti pedopornografici proviene da questa fonte. I genitori spesso condividono senza pensare alle impostazioni di privacy dei loro profili social, e le immagini dei loro figli possono potenzialmente finire in mano a chiunque, anche ai criminali. «È necessario – spiega il Garante della Privacy italiano - che i “grandi” siano consapevoli dei pregiudizi cui sottopongono i minori con l’esposizione in rete (tendenzialmente per sempre) delle loro foto, anche in termini di utilizzo di immagini a fini pedopornografici, ritorsivi o comunque impropri da parte di terzi». E ricorda anche che è importante riflettere sul fatto che «postare foto e video della vita dei minori, magari accompagnati da informazioni come l'indicazione del nome, l'età o il luogo in cui è stato ripreso, contribuisce a definire l’immagine e la reputazione online». Si sa però che i processi di apprendimento e lo sviluppo di nuove sensibilità sono processi molto più lenti della velocissima corsa della tecnologia e degli strumenti digitali. Per questo in diverse parti del mondo si sta iniziando a pensare a delle leggi che provino a frenare il fenomeno dello sharenting.

C’è un precursore, un Paese che già un anno fa aveva provato a creare una norma per vietare ai genitori di condividere le foto dei figli. La Francia il 6 marzo 2023 ha discusso la prima proposta di legge dedicata. «Si stima che un bambino appaia in media in 1.300 fotografie pubblicate online prima dei 13 anni, sui propri account, su quelli dei genitori o dei famigliari», si leggeva nel testo. L’intento era quello più che altro di sensibilizzare le mamme e i papà sul tema. E solo un articolo, il numero 4, prevedeva una misura concreta: nei casi più estremi il giudice poteva togliere ai genitori il diritto all’immagine dei figli. Anche in Italia si è parlato più volte di come arginare lo sharenting. A seguito dell’annuncio francese, l’Autorità garante per i diritti dell’infanzia aveva attenzionato il primo ministro Meloni sul tema. E, come detto, anche il Garante per la Privacy ne parla da tempo. A fine marzo è arrivata la prima, concreta, proposta di legge, firmata da Alleanza Verdi e Sinistra. Nel documento si propone il diritto all’oblio digitale: al 14esimo anno di età, il minore potrà decidere se chiedere la rimozione dai motori di ricerca di tutti i contenuti dove appare. Ma più che altro questa proposta di focalizza sui figli degli influencer, che spesso vengono sfruttati commercialmente. I post dove compaiono bambini e ragazzini, infatti, ricevono in media molta più attenzione e dunque ai vip dei social conviene – anche economicamente – immortalare i figli nei loro post. La proposta è quella di creare un sistema di autorizzazione, che passa dall’AgCom, che mamme e papà molto seguiti su Instagram o TikTok devono firmare. E di creare anche un conto bancario intestato al bambino o alla bambina a cui potrà accedere quando compirà 18 anni. Se proprio non si può scegliere della propria immagine digitale, perlomeno ci si può guadagnare qualcosa.